Cessione di usufrutto immobiliare: le implicazioni

La cessione di usufrutto relativo a beni immobili appartenenti a persone fisiche. La guida alla normativa civilistica e fiscale. Il tutto senza dimenticare i risvolti legati al piano successorio. Guida alla cessione di usufrutto.

Il diritto di usufrutto rappresenta uno dei diritti reali che trova vasta applicazione in riferimento ai beni immobili.

Attraverso la sua costituzione si assiste a una temporanea scissione tra proprietà e diritto di sfruttamento del bene.

Attraverso il diritto di usufrutto, infatti, si vengono a creare due soggetti tra di loro autonomi, il nudo proprietario e l’usufruttuario.

La concessione del diritto di usufrutto deve essere indagata anche da un punto di vista fiscale.

È in questo contesto, e soprattutto quando cedente è una persona fisica non in regime di impresa, che possono sorgere alcune problematiche interpretative.

Vediamo, quindi, di seguito la normativa civilistica e fiscale legata alla cessione di usufrutto su beni immobili di persone fisiche. Infine, un risvolto agli aspetti successori che riguardano la cessione di usufrutto.

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CESSIONE DI USUFRUTTO DI BENI IMMOBILI: DISCIPLINA CIVILISTICA

Nel diritto privato patrimoniale, la proprietà rappresenta il diritto reale per eccellenza.

La proprietà garantisce un godimento pieno, illimitato ed esclusivo dei beni di cui è oggetto.

Esistono tuttavia altri diritti reali che, affiancati alla proprietà medesima, ne limitano e comprimono l’estensione.

Tradizionalmente, si distinguono:

  • Diritti reali di garanzia;
  • Diritti reali di godimento.

In particolare, i diritti reali di godimento si hanno quando la limitazione del diritto del proprietario corrisponde a un diritto di godimento attribuito ad altri.

La categoria dei diritti reali costituisce un numero chiuso. Pertanto, l’ordinamento, contempla soltanto i diritti tipici regolamentati nelle norme di legge e nessuna possibilità è concessa all’autonomia negoziale di crearne degli altri.

I diritti reali di godimento comprendono:

  • Uso;
  • Superficie;
  • Enfiteusi;
  • Abitazione;
  • Usufrutto.

Tra questi, l’usufrutto è il diritto dal contenuto più “forte”. Stabilisce infatti l’art. 981, Codice civile, che l’usufruttuario ha diritto di “godere della cosa” e che da questa può “trarre tutti i frutti che essa può dare”.

Ma a quali limiti soggiace una restrizione così importante come quella che subisce il nudo proprietario?

CARATTERISTICHE DELL’USUFRUTTO DI BENI IMMOBILI

Preliminarmente, deve essere detto che il godimento pieno che pure spetta all’usufruttuario è contemperato dall’onere della conservazione.

Come stabilisce lo stesso art. 981, Codice civile egli deve rispettare, non solo l’esistenza del bene, ma anche la sua destinazione economica.

La conservazione va dunque intesa, non solo in senso materiale, ma riferita al criterio economico sociale.

Su tutti, valga l’esempio dell’affitto di azienda. Aspetto in merito al quale, l’art. 2561, Codice civile stabilisce che l’usufruttuario è gravato dell’impegno di gestire l’azienda senza modificarne la destinazione e di conservarne l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte.

In secondo luogo, l’usufrutto è per sua essenza un diritto temporaneo. L’articolo 979, Codice civile ci dice che “in nessun caso la durata dell’usufrutto può ecceder la vita dell’usufruttuario”.

Dal che si deduce che esso è intrasmissibile agli eredi.

Quindi, anche se costituito a termine, la morte sopravvenuta del titolare prima della scadenza, estingue sempre il diritto. Nel caso di usufrutto costituito a favore di persona giuridica, la durata massima è trentennale.

Il diritto di usufrutto è trasferibile: a norma dell’art. 980, Codice civile, “l’usufruttuario può cedere il proprio diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata se ciò non è vietato dal titolo costitutivo”.

Quanto al meccanismo del trasferimento, vale il generale principio del consenso traslativo (art. 1376, Codice civile).

La notificazione al proprietario del bene si pone come onere a carico dell’usufruttuario cedente.

In mancanza della notifica il cedente rimane solidalmente responsabile con il cessionario in relazione agli obblighi derivanti dall’usufrutto verso il proprietario (art. 980, comma 2, Codice civile).

CESSIONE DI USUFRUTTO E NUDA PROPRIETÀ

Come già chiarito, l’usufrutto è un diritto reale che si pone in concorrenza con il diritto di proprietà.

Ciò lo distingue nettamente da quello che, ad esempio, vanta il conduttore sulla cosa locata.

Infatti l’usufruttuario ha il possesso del bene, mentre il locatario ne ha solamente la detenzione. Questo  riverbera effetti immediati, ad esempio, sull’usucapione che può essere invocata soltanto dal primo.

Inoltre, la prescrizione per non uso è breve (dieci anni) nel caso dei diritti del conduttore ma è lunga (ventennale) per l’usufruttuario.

Infine, l’usufrutto può essere sottoposto a ipoteca, mentre il diritto del conduttore non può offrire tale garanzia. Come diritto reale, l’usufrutto appartiene alla categoria dei diritti di godimento sulla cosa altrui.

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NASCITA DEL DIRITTO DI USUFRUTTO

Il diritto di usufrutto può sorgere con una delle seguenti modalità:

  • Per legge. Ad esempio l’usufrutto legale dei genitori sui beni del figlio che si instaura automaticamente, ai sensi dell’art. 324, Codice civile;
  • Per provvedimento giudiziale. Ai sensi dell’art. 194, comma 2, Codice civile, il giudice può costituire a favore del genitore affidatario della prole, usufrutto sui beni spettanti all’altro coniuge in sede di divisione della comunione;
  • Per volontà privata. Lo strumento può essere rappresentato da ogni tipo di atto negoziale, sia mortis causa (testamento), sia inter vivos, idoneo a sortire effetti traslativi o costitutivi in ordine a diritti reali, tanto a titolo gratuito quanto a titolo oneroso: vendita, donazione, permuta, atti negoziali di natura solutoria (dazione in pagamento) ovvero transattiva e divisionale;

Per usucapione. Al ricorrere dei presupposti, è ipotizzabile l’acquisizione del diritto per usucapione, anche se si tratta di ipotesi piuttosto remote.

OGGETTO DEL DIRITTO DI USUFRUTTO

Qualunque bene mobile o immobile può formare oggetto di usufrutto. La distinzione fondamentale è però tra cose consumabili e inconsumabili.

Si parla di cose consumabili a proposito dei beni che possono essere goduti solo con la loro consumazione. Esempio tipico è il denaro ma anche i commestibili, le bevande, eccetera.

Le cose che si prestano invece a utilizzazione ripetute, si definiscono inconsumabili. Ciò non significa che l’uso non ne deperisca il logorio.

La distinzione è importante perché se il diritto di usufrutto ha per oggetto cose consumabili, si parla di quasi usufrutto.

Il quasi usufrutto è un diritto reale di godimento che prevede, al momento dell’estinzione del diritto, non la restituzione del bene ricevuto, ma il pagamento di una somma pari al valore o alla stima del bene ricevuto. Oppure la restituzione di un bene dello stesso genere.

Ad esempio, se è stato concesso il quasi usufrutto su una somma di denaro, il quasi usufruttuario avrà l’obbligo di restituire non le stesse banconote ricevute, ma lo stesso ammontare totale.

CESSIONE DI USUFRUTTO: DIRITTI ED ONERI DI USUFRUTTUARIO E NUDO PROPRIETARIO

L’usufruttuario ha il diritto di ottenere il possesso della cosa nello stato in cui essa si trova.

Questo a differenza del locatario che invece può pretendere di ottenere la cosa in buono stato. L’usufruttuario fa suoi tutti i frutti naturali e civili.

Inoltre, a tutela del suo diritto, può far valere le azioni tipiche del proprietario quali azione confessoria e possessoria.

Il nudo proprietario può disporre del proprio diritto mediante alienazione o concessione in garanzia.

Gli oneri a carico delle parti nascenti dal vincolo sono i seguenti:

L’usufruttuario deve usare nell’esercizio del suo diritto, la diligenza del buon padre di famiglia. Deve custodire il bene, amministrarlo e compiere le opere di ordinaria manutenzione sopportando le spese relative;
Per le riparazioni straordinarie, deve essere chiamato in causa il nudo proprietario il quale,se interviene con proprie somme, ha diritto alla restituzione degli interessi da parte dell’usufruttuario. I pesi annuali gravanti il reddito derivante dal godimento della cosa, sono a carico dell’usufruttuario. Infine, il costo delle liti che riguardano insieme proprietà e usufrutto, è sopportato dal proprietario e dall’usufruttuario in proporzione del relativo interesse.

ESTINZIONE DEL DIRITTO DI USUFRUTTO

Il diritto si estingue per compimento del termine prefissato o a causa della morte del titolare.

In questo momento, sorge l’obbligo di restituzione della cosa al proprietario che, in questo modo, riacquisisce la piena proprietà del bene.

Vi sono poi altre modalità di estinzione:

Prescrizione, per non uso ventennale;
Perimento della cosa su cui il diritto è costituito, salvo la responsabilità per il perimento;
Surrogazione reale nel caso in cui la cosa era assicurata: in conseguenza del perimento, l’usufrutto si trasporta sull’indennità dovuta dall’assicuratore;
abuso grave da parte dell’usufruttuario, quando questi abbia alienato il bene o lo abbia deteriorato o lasciato andare in deperimento per mancanza di ordinarie manutenzioni. In questi casi la decisione sull’estinzione è rimessa al giudice secondo prudente valutazione.

CESSIONE DI USUFRUTTO: PROCEDURA

Abbiamo visto come, tra le forme di costituzione del diritto di usufrutto, vi sia anche quella dell’atto inter vivos che può essere tanto a titolo gratuito quanto a titolo oneroso.

La fattispecie sicuramente più utilizzata è rappresentata dalla costituzione del diritto di usufrutto su immobili.

Sul punto, da un punto di vista fiscale, norma da cui partire per comprendere il corretto trattamento da riservare, ai fini nell’imposizione diretta, alla cessione del diritto di usufrutto, è l’articolo 9, comma 5, del DPR n. 917/86 a mezzo del quale viene previsto come:

“Ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società”

Tale previsione risulta certamente dirimente allorquando cedente sia un soggetto che opera in regime di impresa in quanto, in tal caso, ai fini del corretto trattamento da riservare al corrispettivo della cessione, sarà necessario verificare la natura dell’immobile cui si riferisce, infatti:

Se bene merce si originerà un ricavo ai sensi dell’articolo 85 del DPR n. 917/86, e
Se bene patrimoniale, si manifesterà una plusvalenza ai sensi dell’art. 86, del DPR n. 917/86.

CESSIONE DI USUFRUTTO TRA PERSONE FISICHE

Più complicata è l’individuazione del trattamento da riservare alla cessione del diritto di usufrutto su immobili da parte di persone fisiche non operanti in regime di impresa.

In quanto, in questo caso si viene a determinare un contrasto di norme a cui la prassi non ha ancora offerto una interpretazione univoca.

Questo sulla falsariga di quanto avveniva, ad esempio, in passato per un altro diritto reale, il diritto di superficie, sebbene in tal caso le conclusioni cui era giunta l’Agenzia delle Entrate sono state successivamente sistematicamente smentite dalla giurisprudenza.

Ma vediamo di chiarire meglio i termini della questione.

In linea generale, per effetto del rimando di cui all’articolo 9, comma 5, DPR n. 917/86, nel caso in cui si tratti di immobili, si deve fare riferimento a quanto previsto dall’art. 67, comma 1, lett. b), DPR n. 917/86.

Ai sensi del quale  risultano imponibili le cessioni di immobili a condizione che siano stati acquistati o costruiti da non più di 5 anni con l’esclusione di quelli provenienti mortis causa e gli immobili urbani che per la maggior parte del tempo intercorso tra l’acquisto e la cessione siano stati adibiti quale abitazione principale da parte del cedente o dai suoi familiari.

Ne deriva che, se si applicasse la previsione di cui alla lett. b), non verrebbe mai tassata la costituzione del diritto di usufrutto su immobili posseduti da almeno un quinquennio o pervenuti per successione.

INTERPRETAZIONE DEL NOTARIATO NELLA CESSIONE DI USUFRUTTO

In tal senso lo Studio del Notariato n. 45-2011/T che al paragrafo 2.4.5. afferma come

“… in tema di plusvalenze immobiliari si è precisato che il termine cessione a titolo oneroso di cui all’art. 67, primo comma, lettera b), del DPR n. 917/86 non è da riferire alle sole ipotesi di compravendita, bensì da estendere a tutte le fattispecie contrattuali che attuino un trasferimento a titolo oneroso”

In quest’ottica, origina certamente plusvalenza tassabile, ai sensi dell’art. 67 DPR n. 917/86, la cessione infraquinquennale a titolo oneroso del diritto di usufrutto relativo ad un immobile non adibito dal cedente o dai suoi familiari ad abitazione principale per la maggior parte del periodo intercorso dal momento dell’acquisto a quello della cessione.

Tuttavia, bisogna evidenziare come la successiva lett. h) dell’art. 67, comma 1, DPR n. 917/86 individui come redditi diversi quelli “derivanti dalla concessione in usufrutto e dalla sublocazione di beni immobili”.

L’eventuale plusvalenza che si originerebbe viene determinata, per effetto di quanto previsto all’art. 71, comma 2, DPR n. 917/86, quale delta tra prezzo di cessione percepito nel periodo di imposta e spese inerenti documentate.

Cessione di usufrutto: Risoluzione Agenzia Entrate 77/E/93

In tal senso depone la Risoluzione n. 77/20/1993 ove, in risposta a un’istanza in merito al corretto trattamento fiscale da riservare alla concessione trentennale di un diritto di usufrutto su un immobile da parte di una persona fisica, l’allora Direzione Imposte Dirette ebbe modo di affermare come

“… ai fini dell’imposizione tributaria diretta è del tutto irrilevante la questione posta in ordine all’utilizzo del termine concessione, dal momento che il presupposto impositivo preveduto dall’art. 67 del DPR n. 917/86  si realizza in capo al cedente il diritto reale di godimento, dovendo intendere il termine ‘concessione’ adoperato in senso atecnico in riferimento a tutti gli atti giuridici aventi l’effetto di trasferire ad altri la potenzialità reddituale di un immobile”

Quindi, poiché il legislatore con la lett. h) fa espresso riferimento al diritto reale dell’usufrutto, in tal caso non si rende applicabile la precedente lett. b).

In altri termini, la previsione di cui all’art. 9, comma 5, DPR n. 917/86 rappresenta una norma di carattere generale azionabile fintantoché il legislatore non disciplini in maniera specifica una fattispecie, come nel caso del diritto di usufrutto, quindi la lett. b) si applica nell’ipotesi, ad esempio, del diritto di superficie come confermato dalla giurisprudenza di legittimità con la sentenza n. 15333/2014.

In senso conforme a tale ultima impostazione è possibile collocare le plusvalenze da cessione dei diritti di usufrutto di cui:

Nella lettera a), se trattasi di diritti di usufrutto su terreni lottizzati o sui qua li sono state eseguite opere di urbanizzazione ovvero
Nella lettera b), in caso di diritto di usufrutto su terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria o non edificati.
In tale ipotesi, nella lettera h) resterebbero disciplinate le fattispecie reddituali derivanti dalla costituzione del diritto di usufrutto e dalla sublocazione di beni immobili.

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