Il comproprietario non locatore di un contratto di locazione ad uso abitativo ha l’obbligo di dichiarare il reddito a lui spettante.
Può capitare, ed anzi capita sovente nella pratica, che un determinato immobile sia detenuto in comproprietà da più soggetti (ipotizziamo due). Uno di questi, magari all’insaputa dell’altro, predispone un contratto di locazione per concedere ad un terzo l’utilizzo dell’immobile. Questa casistica avviene, solitamente, senza corrispondere all’altro comproprietario la sua quota di canone.
In questi casi ci si chiede se il comproprietario non percettore del reddito debba dichiarare la propria quota in dichiarazione dei redditi.
Sul punto occorre premettere che l’Amministrazione finanziaria può pretendere anche dall’altro proprietario le imposte sui redditi derivanti dalla locazione. Questo, in quanto i redditi fondiari sono imputati ai proprietari a prescindere dalla percezione. Questa disposizione si ricava dall’art. 26 del DPR n. 917/86 (TUIR). Lo afferma la Cassazione, nella sentenza 9 maggio 2019 n. 12332.
Comproprietario che non percepisce reddito da locazione: tesi della Cassazione
Nella sentenza n. 12332 la Corte di Cassazione si sofferma su un tema di particolare interesse, nel periodo delle dichiarazioni, perché può riverberarsi nella compilazione del quadro RB del modello Redditi PF.
La sentenza fa riferimento, infatti, alla tassazione dei redditi derivanti dalla locazione di un immobile, nel caso in cui questo sia locato da uno solo dei comproprietari.
La questione va risolta sulla base delle indicazioni fornite dall’art. 26 del TUIR, secondo cui i redditi fondiari concorrono a formare il reddito complessivo dei proprietari (o titolari di diritti reali) degli immobili, indipendentemente dalla percezione.
La regola fissata da questa disposizione – spiega la Corte Cassazione – prescinde dalla causa concreta della mancata percezione operando, quindi, sia nel caso di morosità (salva l’eccezione in caso di convalida di sfratto per l’immobile abitativo) che in caso di usurpazione.
Pertanto, nel caso di specie, vengono rigettate le argomentazioni del ricorrente, ovvero il comproprietario escluso dalla locazione, che sosteneva di non dover corrispondere le imposte sui redditi, non avendo percepito i canoni, fino al momento in cui non fosse riuscito a vedersi riconoscere giudizialmente, nella causa intentata nei confronti dell’altro comproprietario, il diritto alla corresponsione della sua parte di canone.
La Corte puntualizza, quindi, che l’interpretazione da lei fornita dell’art. 26 del TUIR non comporta alcuna violazione del principio costituzionale di capacità contributiva. Questo atteso che, come chiarito dalla stessa Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 362/2000), “la capacità contributiva, quale idoneità all’obbligazione di imposta, desumibile dal presupposto economico al quale l’imposta è collegata, può essere ricavata, in linea di principio, da qualsiasi indice rivelatore di ricchezza, secondo valutazioni riservate al legislatore, salvo il controllo di costituzionalità”.
Imputazione del canone la comproprietario secondo il contratto
Il fatto che il reddito dei fabbricati locati vada determinato con riferimento al canone risultante dal contratto di locazione – spiega la Corte – è del tutto eccezionale e va armonizzato con la regola per cui i redditi fondiari concorrono a formare il reddito complessivo indipendentemente dalla percezione.
Inoltre, tale principio potrà operare nel tempo “solo fin quando risulterà in vita un contratto di locazione e quindi sarà dovuto un canone in senso tecnico. Quando, invece, la locazione (rapporto contrattuale) sia cessata per scadenza del termine (art. 1596 c.c.) ed il locatore pretenda la restituzione essendo in mora il locatario per il relativo obbligo, ovvero quando si sia verificata una qualsiasi causa di risoluzione del contratto, ivi comprese quelle di inadempimento in presenza di clausola risolutiva espressa e di dichiarazione di avvalersi della clausola (art. 1456 c.c.), o di risoluzione a seguito di diffida ad adempiere (art. 1454 c.c.), tale riferimento al reddito locativo non sarà più praticabile, tornando in vigore la regola generale”.
Irrilevante la non riscossione del canone
In questo contesto – conclude la pronuncia – la distinzione fra canone locatizio non riscosso e canone “usurpato” è del tutto irrilevante. Questo, in quanto, per sua natura, il reddito fondiario risulta legato alla titolarità del diritto reale, a prescindere dall’effettiva percezione del canone.
Pertanto, il comproprietario deve comunque dichiarare i redditi da locazione e corrispondere le relative imposte per la sua quota di titolarità, anche ove non li abbia percepiti, non avendo partecipato alla stipula del contratto di locazione. Principi di cui tener conto nella compilazione del quadro RB del Modello Redditi PF.
Di questi principi dovrà tenersi conto nella compilazione del quadro RB del modello Redditi PF, dove, quindi, i redditi da locazione vanno dichiarati dal comproprietario anche ove egli non li abbia materialmente percepiti perché la locazione è stata stipulata, per l’intero immobile, dall’altro comproprietario. D’altronde, egli potrà anche accedere alla cedolare secca, come era stato chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 20/E/2012.
Le istruzioni fanno riferimento a un solo caso particolare, ovvero quello in cui l’immobile, posseduto in comproprietà, sia dato in locazione soltanto da uno o più comproprietari limitatamente alla propria quota. In questa ipotesi, si può utilizzare il codice “5” in colonna 7 “Casi particolari” dei righi RB1-RB9, che consente eccezionalmente di indicare solo la propria quota di canone in colonna 6 “Canone di locazione” e non l’intero.