La donazione dell’azienda è uno degli strumenti più utilizzati con cui l’imprenditore individuale attua in vita il passaggio generazionale d’impresa. Il regime fiscale della donazione dell’azienda può essere descritto in termini di “neutralità”, per quanto attiene al trasferimento in sé. Tuttavia, l’operazione deve essere esaminata nei particolari, per poter individuare il carico fiscale complessivo.
In questo contributo vorrei soffermarsi sull’imposta di donazione dovuta sia nel caso di donazione a soggetti diversi da familiari che nel caso di donazione a favore del coniuge o del discendente ma in assenza dei requisiti di esenzione.
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Indice
Donazione d’azienda: esenzione imposte
Ai fini dell’imposta sulle donazioni, tuttavia, la donazione (così come la successione) di azienda è regolata dall’art.3 comma 4-ter del D.lgs. n. 346/1990, che prevede il non assoggettamento al tributo, ricorrendo determinate condizioni.
L’art. 3, comma 4-ter, del D.L.gs. 346/1990 stabilisce che:
“I trasferimenti […] a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, non sono soggetti all’imposta […]. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso […]
Se, dunque, la donazione d’azienda è realizzata a favore dei discendenti o del coniuge del donante, questa è esente dall’imposta sulle donazioni, a condizione che l’attività d’impresa venga proseguita dal donatario per almeno cinque anni. E’ necessario che il donatario renda contestualmente all’atto di donazione, una dichiarazione con cui si obbliga a proseguire l’attività d’impresa per il suddetto periodo di almeno cinque anni. Tale prosecuzione deve essere effettiva e non è quindi sufficiente dichiararlo espressamente nell’atto di donazione.
Il mancato rispetto della predetta condizione determina la decadenza dall’agevolazione. Questo, comporta l’obbligo di corrispondere l’imposta in misura ordinaria. La sanzione amministrativa ex art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 e gli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta avrebbe dovuto essere pagata.
Donazione d’azienda: imposta di donazione
Nel caso in cui non dovessero sussistere le condizioni per usufruire dell’esenzione, viste nel paragrafo precedente, il trasferimento a titolo gratuito dell’azienda sconta l’imposta di donazione secondo la disciplina ordinaria reintrodotta dal DL 262/2006 convertito nella L. 286/2006.
Pertanto, sono soggette alla disciplina ordinaria dell’imposta di donazione:
- le donazioni d’azienda effettuate a favore di soggetti diversi dal coniuge o dal discendente;
- le donazioni d’azienda operate a favore del coniuge o del discendente, ma in assenza delle condizioni individuate dall’art. 3 comma 4 ter del D.Lgs 262/2006.
Imposta di donazione: aliquote
L’imposta di donazione è dovuta con le seguenti aliquote (art. 2 comma 48 del D.L. 262/2006:
- 4%: per i trasferimenti a favore del coniuge o di parenti in linea retta ( figli, genitori, nipoti intesi come figli dei figli, etc.), da applicare sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 1 milione di euro;
- 6%: per i trasferimenti a favore dei fratelli o delle sorelle da applicare sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 100.000 euro;
- 6%: per i trasferimenti a favore di altri parenti fino al 4° grado, degli affini in linea retta e degli affini in linea collaterale fino al 3° grado, da applicare sul valore complessivo netto trasferito, senza alcuna franchigia;
- 8%: per i trasferimenti a favore di tutti gli altri soggetti, da applicare sul valore complessivo netto trasferito, senza alcuna franchigia;
Beneficiario | Aliquota applicabile | Franchigia |
Coniuge, parenti in linea retta | 4% | Un milione di euro ciascuno |
Fratelli, sorelle | 6% | 100.000 euro ciascuno |
Altri parenti fino al 4° grado Affini in linea retta Affini in linea collaterale fino al 3° | 6% | Nessuna franchigia |
Portatori di handicap ai sensi della L. 104/92 | 4%, 6%, 8%, a seconda del rapporto di parentela | 1.500.000 euro ciascuno |
Tutti gli altri soggetti | Nessuna franchigia |
Imposta di donazione: base imponibile
Vediamo adesso quale è la base imponibile su cui trovano applicazione le aliquote viste nel paragrafo precedente.
L’art. 2 del D.L. 262/2006 convertito con modificazioni nella L. 286/2006, ha definito che la base imponibile deve essere rappresentata:
“dal valore globale dei beni e dei diritti al netto degli oneri di cui è gravato il beneficiario diversi da quelli indicati dall’art. 58 comma 1 del DLgs. 346/1990 ovvero, se la donazione è effettuata congiuntamente a favore di più soggetti o se in uno stesso atto sono compresi più atti di disposizione a favore di soggetti diversi, al valore delle quote dei beni o dei diritti attribuiti”.
Determinazione del valore dell’azienda donata
Il valore dell’azienda donata o trasferita per successione deve essere determinato sulla base delle indicazioni fornite dall’art. 15 comma 1 del Dlgs n. 346/1990:
“La base imponibile, relativamente alle aziende comprese nell’attivo ereditario, è determinata assumendo il valore complessivo, alla data di apertura della successione, dei beni e dei diritti che le compongono, esclusi i beni indicati nell’art. 12, al netto delle passività risultanti a norma degli articoli da 21 a 23. Se il defunto era obbligato alla redazione dell’inventario di cui all’art. 2217 del codice civile, si ha riguardo alle attività e alle passività indicate nell’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato , tenendo conto dei mutamenti successivi intervenuti”
Criteri di determinazione
L’art. 15 del D.Lgs 346/1990 prevede due diversi criteri di valutazione dell’azienda:
- Operante nel caso in cui l’imprenditore non sia tenuto alla redazione dell’inventario ai sensi dell’art. 2214 del codice civile;
- Operante nel caso l’imprenditore sia tenuto alla tenuta dell’inventario.
Imprenditore non obbligato alla tenuta dell’inventario
Nel caso in cui l’imprenditore non sia tenuto ala redazione dell’inventario, è necessario fare riferimento al valore venale dei beni ( e delle passività) che di fatto compongono l’azienda. Sarà pertanto opportuno redigere un sorta di inventario ad hoc, che tenga conto dei beni costituenti l’azienda donata. Alla dichiarazione di successione occorrerà allegare un prospetto riepilogativo dei beni, dei diritti e delle passività facenti capo all’azienda; valutandone singolarmente il valore.
Imprenditore obbligato alla tenuta dell’inventario
Vorrei ricordare che l’inventario, deve essere redatto all’inizio dell’esercizio e successivamente ogni anno. Inoltre deve essere sottoscritto dall’imprenditore entro 3 mesi dal termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi. Attualmente non è prevista alcuna vidimazione annuale del libro degli inventari.
La presenza dell’inventario pone dei vincoli all’Agenzia delle Entrate, in quanto, in presenza di tale documento, l’Amministrazione non può disattendere le risultanza, a meno che ne dimostri l’inattendibilità.
Deve essere considerato l’avviamento?
Dal calcolo del valore dell’azienda deve essere escluso l’avviamento, come ribadito dall’art. comma 78 lettera b della L. 296/2006:
“resta comunque ferma l’esclusione dell’avviamento nella determinazione della base imponibile delle aziende , delle azioni, delle quote sociali.
Tuttavia, appare incoerente non considerare l’avviamento “a titolo derivativo”, ormai iscritto nella contabilità aziendale e divenuto parte integrante dell’azienda.
Le passività aziendali
Per la valutazione delle passività aziendali, l’art. 15 del DPR 131/86, nel definire la base imponibile dell’azienda fa riferimento:
“alle passività risultanti a norma dell’articoli da 21 a 23”
Ai sensi dell’art. 21 comma 2 del D.Lgs. 346/90 i “debiti inerenti all’esercizio di imprese sono ammessi in deduzione anche se risultano dalle scritture contabili obbligatorie del defunto regolarmente tenute a norma di legge”.
Da questo ne discende che le risultanze delle scritture contabili legittimano la deduzione delle passività relative all’impresa a prescindere dalle condizioni previste dall’art. 21 comma 1 del D.Lgs. 346/1990.