Esenzione imu: non spetta se moglie e marito risiedono in comuni diversi

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 20130 del 24 settembre 2020 ha stabilito che non spetta l’esenzione imu se marito e moglie hanno fissato la propria residenza anagrafica in immobili situati in comuni diversi.

L’agevolazione Imu sull’abitazione principale spetta solo a condizione che il possessore e il suo nucleo familiare abbiano fissato la residenza anagrafica presso la stessa unità immobiliare, dove dimorano stabilmente. Pertanto qualora ciò non avvenga non spetta l’agevolazione IMU.

Esaminiamo in questo contributo nel dettaglio la sentenza.

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Ricorso proposto dal contribuente

Un contribuente a seguito della notifica di un avviso di accertamento ai fini imu proponeva ricorso. Il motivo dell’accertamento era il disconoscimento dell’agevolazione IMU riferita all’abitazione principale per difetto di un requisito essenziale. Questo in quanto il nucleo familiare aveva fissato residenze in immobili localizzati in comuni diversi.

Il contribuente a motivo del ricorso sosteneva di avere la residenza anagrafica presso l’immobile che fruiva dell’agevolazione. Il coniuge, per esigenze lavorative, aveva spostato la propria residenza in altro comune.

Ricorso accolto dalla CTR

Il ricorso è stato accolto dalla CTR. La società di riscossione locale avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione. Portando come motivo del ricorso la violazione dell’art. 13, co. 2 del D.L. n. 201 del 2011. In quanto è stata riconosciuta l’esenzione malgrado l’immobile non fosse stato adibito a dimora abituale dell’intero nucleo familiare.

Decisione della Cassazione

La Corte di cassazione ha dichiarato il motivo fondato cassando la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha disposto il rigetto dell’originario ricorso del contribuente.

Pertanto, ai fini dell’esenzione, è necessario che tutto il nucleo familiare, non solo dimori stabilmente, ma risieda anche anagraficamente nella medesima unità immobiliare.

Definizione di abitazione principale ai fini dell’esenzione Imu

“Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente […].

Quindi affinché un immobile possa essere considerato abitazione principale, sono necessarie 3 condizioni:

  • Il possesso/proprietà (o altro titolo reale quale ad esempio l’usufrutto o il diritto di abitazione);
  • La residenza anagrafica;
  • La dimora abituale intesa come elemento che sussiste continuativamente nel tempo.

Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile.

Esenzione Imu: a chi non spetta?

Sono soggetti al pagamento dell’Imu tutti coloro che sono proprietari di un immobile. Ad esclusione se l’immobile in oggetto è “l’abitazione principale“.

Non rileva l’esenzione imu se l’immobile adibito ad abitazione principale rientra nelle seguenti casistiche:

  • Abitazione di tipo signorile – Categoria Catastale A1;
  • Abitazione in villa – Categoria catastale A8;
  • Un castello, o un palazzo di pregio artistico o storico – Categoria Catastale A9;
  • Aree fabbricabili;
  • Terreni Agricoli

Inoltre è dovuta l’IMU per il soggetto che gode di un diritto reale di godimento.

Ad esempio usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi o superficie sull’immobile in oggetto.

Immobili concessi in comodato a parenti: riduzione del 50% della base imponibile ai fini Imu

La sentenza della Corte di Cassazione è applicabile anche alla fattispecie, introdotta dalla L. n. 208 del 2015 con decorrenza 1° gennaio 2016, di riduzione del 50 per cento della base imponibile per le unità immobiliari concesse in comodato dal soggetto passivo ai parenti (in linea retta entro il primo grado) che le utilizzano come abitazione principale.

Anche in questo caso è stata posta la condizione necessaria che:

“comodante possieda un solo immobile in Italia e risieda anagraficamente nonché dimori stabilmente nello stesso comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato.”

Due coniugi residenti in comuni diversi: controversie

Il MEF nella Circolare n. 3/DF del 2012, aveva dato la possibilità di considerare per lo stesso nucleo familiare la presenza di doppia abitazione principale se i due immobili fossero situati in comuni diversi.

Il MEF a sostegno di questa sua precisazione riteneva che, avere per i due coniugi residenza e dimora in due immobili diversi situati in due comuni diversi possa essere dovuta da diverse necessità, tra cui ad esempio quella lavorativa.

Per la Giurisprudenza (Sentenza n.20130 del 24 settembre 2020 della Corte di Cassazione), invece, oggi questa interpretazione non può considerarsi valida. Pertanto occorre far riferimento a quanto prevede la norma ( lett. b comma 741 della legge di bilancio 2020) e non all’interpretazione del MEF.

La domanda che ci poniamo è: il MEF si allineerà alla Cassazione?

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