Quali sono le conseguenze in caso di mancato pagamento dell’affitto? Dopo quanto tempo interviene lo sfratto per morosità?
Molto spesso, in situazioni di crisi o difficoltà economica, chi è in affitto tende a mettere in secondo piano il canone di locazione.
Il mancato pagamento dell’affitto viene considerata una misura che non porta effetti immediati, infatti, uno sfratto non arriva mai nel giro di poco tempo. Tuttavia, il trascorrere del tempo però peggiora il problema e quando l’importo degli arretrati diventa così alto da non potervi più far fronte è bene sapere cosa rischia chi non paga l’affitto.
Sicuramente ci sono conseguenze importanti, ma proviamo ad andare per gradi e fornire delle spiegazioni semplici e chiare.
Indice
Le scadenze per il pagamento dell’affitto
L’inquilino è tenuto a pagare l’affitto alle scadenze indicate nel contratto di locazione, scadenze che di solito vengono concordate alla fine di ogni mese.
Per l’affitto a uso abitativo, la legge pone un termine di tolleranza entro il quale il locatore è tenuto a sopportare il ritardo dell’inquilino. Prima di questo termine non può infatti agire contro di lui. Ecco dunque quanto tempo c’è per adempiere:
- Per quanto riguarda il canone di locazione: 20 giorni dalla scadenza del pagamento indicata nel contratto. In questo caso lo sfratto può avvenire anche in caso di omesso versamento di una sola mensilità;
- Per quanto riguarda agli oneri condominiali che gravano sull’affittuario: 60 giorni dalla richiesta inviata dal proprietario di casa. In questo caso lo sfratto può essere eseguito solo se l’importo supera almeno 2 mensilità del canone di locazione.
Termini di pagamento nelle locazioni commerciali
Invece, nel caso di locazione a uso commerciale la legge non indica un importo preciso a partire dal quale è possibile lo sfratto.
Le disposizioni si limitano a dire che l’inadempimento deve essere “grave“. Tale valutazione viene fatta dal giudice tenendo conto dell’intera economia dell’affare (il canone annuale, il ritardo, la puntualità nei pagamenti precedenti, ecc.).
La prescrizione in caso di affitto
In ogni caso il debito cade in prescrizione dopo 2 anni senza che, nel frattempo, il locatore abbia inviato una diffida scritta al conduttore (con raccomandata a.r., lettera consegnata a mano o posta elettronica certificata).
Quando si può non pagare l’affitto?
È bene specificare che lo sfratto può essere notificato quando l’affittuario decide di sua sponte di ridurre l’importo del contratto di locazione, anche qualora questa decisione sia giustificata da un mancato adempimento da parte del proprietario dell’immobile.
Vediamo un esempio: consideriamo che il locatore, nonostante le ripetute telefonate dell’affittuario riguardo ad una tubatura rotta non abbia ancora provveduto alla manutenzione. In tal caso l’affittuario decide di pagare anziché € 600 di affitto, come stabilito da contratto, ma € 400.
Il comportamento dell’affittuario non è legittimo, e di conseguenza il locatore può chiedere lo sfratto per morosità.
Secondo la Corte di Cassazione (sentenza n°7305 del 2014) infatti, il mancato adempimento dell’affittuario non è sufficiente per giustificare un ritardo nel pagamento, né una riduzione unilaterale dell’importo previsto dal contratto di locazione.
Mancato pagamento dell’affitto: lettera di messa in mora
Seppure non necessaria e non richiesta dalla legge, il locatore – o meglio, il suo avvocato – è solito inviare all’inquilino una lettera di formale diffida prima di agire contro di lui in tribunale.
La lettera è chiaramente rivolta a ottenere uno spontaneo pagamento entro breve termine.
Se la lettera di messa in mora non dovesse sortire effetti, il locatore – verificatesi le condizioni elencate nel paragrafo precedente – può agire dinanzi al giudice.
Il giudice competente è quello del tribunale del luogo ove si trova l’immobile.
Mancato pagamento dell’affitto: procedura di sfratto
La procedura di sfratto è possibile solo sei contratto di locazione è stato regolarmente registrato. Invece se si tratta di affitto in nero, il locatore deve agire con un’azione ordinaria di tipo civile per “occupazione abusiva“. In questo caso però potrà pretendere solo un indennizzo per il tempo in cui l’immobile è stato abitato, a prescindere da quanto indicato nel contratto come canone. Il contratto infatti si considera nullo.
Chiaramente lo sfratto per morosità può essere intimato anche se la locazione non è ancora scaduta, se nell’immobile vivono minori o disabili, se l’inquilino non ha potuto pagare per validi motivi economici. Nessuna di queste cause è infatti sufficiente a interrompere la procedura.
Con l’atto di citazione per sfratto, il locatore invita il conduttore a presentarsi in tribunale per sentire pronunciare, da parte del giudice, lo sfratto esecutivo. Se il conduttore non si presenza in udienza, il giudice – una volta accertata lo morosità – pronuncia lo sfratto esecutivo.
Il conduttore potrebbe invece presentare un’opposizione allo sfratto. Il conduttore può costituirsi in giudizio direttamente all’udienza fissata, senza incorrere in preclusioni né decadenze, manifestando le proprie ragioni con una memoria o facendole risultare direttamente nel verbale di udienza.
Non è sufficiente a bloccare lo sfratto la contestazione di difetti nell’appartamento se questo è stato comunque abitato. Anche il fatto di aver anticipato delle spese per riparazioni o ristrutturazioni non viene preso in considerazione se non ai fini della compensazione delle partite dei crediti e dei debiti: difatti, anche in caso di inottemperanze del locatore ai suoi obblighi, il conduttore deve comunque versare il canone.
Il termine per il pagamento prima dello sfratto
Il conduttore può bloccare lo sfratto pagando anche in udienza dinanzi al giudice tutte le mensilità arretrate, con gli interessi e le spese del giudizio. In quel caso, la procedura si interrompe e il contratto prosegue.
In alternativa, l’inquilino può chiedere al tribunale la concessione di un termine di 90 giorni per trovare i soldi (cosiddetto “termine di grazia“). Il giudice lo concede a semplice domanda.
In questo caso viene fissata un’altra udienza alla quale si verifica se l’adempimento è avvenuto. In caso contrario, il magistrato dichiara lo sfratto esecutivo condannando l’inquilino a pagare anche tutte le mensilità che, nel frattempo, sono scadute e durante le quali l’appartamento è stato ugualmente occupato.
La procedura di sfratto esecutivo
Se neanche l’ordinanza del giudice dovesse bastare a far andare via l’inquilino, il locatore notifica l’atto di precetto dando un ultimo termine di 10 giorni per adempiere.
In caso contrario viene avviata l’esecuzione forzata dello sfratto ricorrendo all’ufficiale giudiziario. Quest’ultimo concorderà con il creditore un primo appuntamento per l’accesso nell’abitazione e per intimare lo “sgombero” dell’appartamento.
L’ufficiale giudiziario, verificata la regolarità del titolo e del precetto, notifica al conduttore un atto (l’avviso di sloggio o di rilascio) con il quale:
- Lo avverte di liberare immediatamente l’immobile;
- Gli comunica data e ora del suo accesso.
La notifica deve avvenire almeno 10 giorni prima della data fissata per lo sfratto.
In questa prima fase, la procedura avviene in via bonaria. Ma se non dovesse dare esisto o se l’inquilino non dovesse farsi trovare per più di una volta, è possibile ricorrere alla forza pubblica. In tal caso, con l’aiuto della polizia e di un fabbro, l’ufficiale giudiziario apre con forza la porta di casa e la riconsegna al legittimo proprietario.
Il decreto ingiuntivo
Insieme all’ordinanza di sfratto, il giudice pronuncia anche una ingiunzione di pagamento nei confronti del moroso. Si tratta di un “titolo esecutivo” che consente al locatore di agire nei confronti dell’inquilino e di pignorargli i beni intestati.
A tal fine l’avvocato notificherà prima un atto di precetto in cui assegna altri 10 giorni di tempo per adempiere al debito. In caso contrario viene avviato il pignoramento dei beni mobili, immobili o detenuti presso terzi (ad esempio il conto corrente, la pensione, lo stipendio).
Il creditore può conoscere i redditi del debitore chiedendo al Presidente del Tribunale l’autorizzazione di accedere all’Anagrafe tributaria, un archivio del fisco ove sono elencate tutte le ricchezze dei contribuenti.